06 luglio 2006

L'isola che non c'è

Da mesi sognavamo di torna sull'Isola dove un inverno arrogantemente freddo ci aveva unito per sempre.
Mi ricordo quell'inverno;il vento era una tagliente lama di coltello che ringhiava tra le persiane dell'ostello,le nubi galleggiavano sospese creando un tappeto al di sopra delle nostre teste,un sole infuocato non riscaldava come avrebbe dovuto fare e un mare arricciato lo rispecchiava splendidamente.
L'ostello aveva i pavimenti di parque che scricchiolavano ad ogni passaggio,le pareti dai colori pastello,l'odore perenne di famiglia si aggirava nel locale e nel salotto di naftalina c'era una stufa infuocata che sapeva riscaldarti come una nonna mentre richiama il tuo sonno con la sua voce fiabesca.
Ci ritrovavamo ogni sera nelle sedie a dondolo davanti alla stufa...perchè la sedia a dondolo è la strada più diretta per sprofondare nel mondo dei sogni...e capimmo sin da subito che tutti e due eravamo li in cerca di risposte.
Parlavamo così tanto e senza un accenno di stanchezza che saremmo stati li fino al sorgere del mattino... se non fosse stato per l'orologio appeso alla parete ci saremmo persi nei meandri del tempo.
Così è nato il nostro amore,un'amore travolgente come un fiume glaciale che ci ha pervaso l'anima silenziosamente,un'amore entrato in punta di piedi che poi è esploso senza nessuna avvisaglia.

Ora la barca sta per salpare per riportarci nell'Isola dove il cielo è popolato di stelle che piangono luci miracolanti di amori infiniti.
Ora è estate,il sole è una palla infuocata ed il mare una tavola apparecchiata di euforia e mentre la stringo forte a me osservando la schiuma che si forme nelle onde al passare del nostro cammino penso che sarebbe bello poter gettare tra quelle stesse onde il dolore di un presente smarrito nell'incertezza.
Copro le sue spalle con una coperta,la stringo forte a me e le sussurro che prima di allora avevo conosciuto solo il bianco e nero,ma dal giorno in cui siamo diventati un'unica vita noi eravamo diventati i fautori dell'arcobaleno...abbiamo conosciuto il grigio delle tenebre della notte,il bianco dei mesi invernali,il rosso del risveglio della primavera,il giallo dell'autunno e ora vivevamo quei colori indefiniti di un attesa spasmodica di un estate di addio.
Non ricordo più quando me lo disse e come me lo disse...so solo che ora conto i minuti,so solo che ora sono sveglio al primo raggio di sole e mi addormento all'ultimo raggio di luna,la notte appoggio la mano sul suo ventre per sentire il suo respiro e tengo sempre la sua mano nella mia per percepire ogni suo richiamo improvviso.
Mi ha detto di avere il cancro...mi ha detto che sta per morire....perchè me l'ha detto?perchè non potevo far a meno di questa notizia?Non sono un giornalista affamato di scoop,non voglio l'anteprima del telegiornale,voglio essere un semplice telespettatore...sto scrivendo un mucchio di stronzate lo so,ma fra poco sarò solo un uomo a metà...
Vi domanderete perchè sto sopra questa barca con affianco quel corpo fragile avvolto da una coperta?Perchè sto per esaudire il suo ultimo sogno...arriveremo all'ostello,bacerò le sue labbra assetate di sprazzi di vita nel mezzo del salotto,l'accoccolerò sulla sedia a dondolo,sfiorerò per l'ultima volta i suoi capelli di oro giallo,salirò fino ad arrivare a toccare l'orologio sulla parete per portare le lancette nell'orario in cui ci siamo conosciuti la prima volta ed accenderò la stufa anche se il tempo dichiara estate...e mi siederò accanto a lei aspettando il suo ultimo respiro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

con le lacrime che scendono ti ringrazio per questo breve,ma intenso racconto